I Tenenbaum sono una famiglia molto particolare perché i tre figli, di cui un'adottata, sono tutti precoci geni in qualche cosa: uno in economia, l'altro nel tennis e lei in drammaturgia. I primi anni di vita sono scanditi da un ritmo forsennato e accompagnati da successo e denaro, ma non c'è tempo per loro, la famiglia si sgretola e si incrinano i rapporti interpersonali.
Poi succede qualcosa: il padre, che se n'era andato da casa dopo aver tradito più volte la moglie, dimenticato i figli e dilapidato i soldi vivendo per trent'anni nella suite di un albergo, decide di tentare un riavvicinamento sperando di recuperare le relazioni familiari.
Anderson rallenta i tempi e ci propone personaggi la cui genialità è motivo di risata più che di ammirazione, sono i lati deboli quelli su cui lavora. Le particolari genialità diventano solo estroversioni, una veste, non certo una corazza, perché sono tutti fragilissimi alle prese con delle vite che non riescono a vivere felicemente.
La famiglia deframmentata dalla spasmodica ricerca di appagamento individuale si trova a girare intorno a un nuovo perno ossia questa figura paterna prima assente, ora pentita, un po' per illuminazione e un po' per forza. Ma è difficile ricostruire qualcosa e ritrovare un centro di gravità quando troppo tempo è passato.
In una tristezza "da favola", che si può considerare il vero timbro del regista, sfogliamo un libro familiare dalla bella colonna sonora e dai personaggi eccentrici, palpandone la malinconia e giungendo, dopo una riscoperta della sincerità, al piccolo appiglio del perdono.
Poi succede qualcosa: il padre, che se n'era andato da casa dopo aver tradito più volte la moglie, dimenticato i figli e dilapidato i soldi vivendo per trent'anni nella suite di un albergo, decide di tentare un riavvicinamento sperando di recuperare le relazioni familiari.
Anderson rallenta i tempi e ci propone personaggi la cui genialità è motivo di risata più che di ammirazione, sono i lati deboli quelli su cui lavora. Le particolari genialità diventano solo estroversioni, una veste, non certo una corazza, perché sono tutti fragilissimi alle prese con delle vite che non riescono a vivere felicemente.
La famiglia deframmentata dalla spasmodica ricerca di appagamento individuale si trova a girare intorno a un nuovo perno ossia questa figura paterna prima assente, ora pentita, un po' per illuminazione e un po' per forza. Ma è difficile ricostruire qualcosa e ritrovare un centro di gravità quando troppo tempo è passato.
In una tristezza "da favola", che si può considerare il vero timbro del regista, sfogliamo un libro familiare dalla bella colonna sonora e dai personaggi eccentrici, palpandone la malinconia e giungendo, dopo una riscoperta della sincerità, al piccolo appiglio del perdono.
Deliziato
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