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venerdì 22 maggio 2020

Devs

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Alex Garland è uno dei registi che più ho promosso indirettamente negli ultimi anni. Nelle mie top dell'anno (2015, 2018), molto striminzite in quanto a numero di titoli, hanno trovato spazio tutti e due i suoi film come regista. “Come regista” perché Garland si era fatto conoscere nel mondo del cinema inizialmente come sceneggiatore, prima era uno scrittore di libri, infatti fu il successo del suo romanzo "The Beach", alla fine degli anni novanta, a catturare anche Danny Boyle che ne girò la trasposizione filmica con il giovane Leonardo Di Caprio nel ruolo di protagonista, e con Garland a curare la sceneggiatura.
Con questa premessa appare chiaro perché l’aspetto che più ho trovato convincente nei suoi film sia lo sviluppo del tema trattato, poi supportato più da una buona fotografia e visione estetica che da un particolare stile di regia. Quando ho sentito che aveva scritto e girato anche una mini-serie con soggetto una commistione di tecnologia, determinismo e libero arbitro mi sono sfregato le mani, considerato che sono argomenti che mi interessano da molto tempo. Mi sono quindi lanciato alla visione di Devs, mini-serie di 8 episodi, per ora inedita in Italia, disponibile su Hulu.

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Gli eventi si svolgono a San Francisco dove un giovane programmatore deve presentare il risultato di un progetto al capo-guru dell’azienda hi-tech Amaya. Se l’esito sarà positivo il giovane potrebbe entrare a far parte della sezione di ricerca e sviluppo, reparto denominato, per l’appunto, Devs.
Sembrerebbe poco avvincente, ma l’elemento in più è che quella sezione è altamente riservata e fa ricerca pionieristica sull’informatica quantistica. Nel reparto crittografia dell'azienda lavora anche la fidanzata del giovane, si chiama Lily ed è interpretata da Sonoya Mizuno che avevamo già apprezzato in Ex Machina. Sarà presto lei a diventare la protagonista della vicende.
Non è solo l’attrice a creare un legame fra questa mini-serie e il primo film di Garland (Ex Machina), entrambi sembrano futuristici, ma sono rappresentati come un futuro già qui, dove tutto appartiene al nostro tempo tranne il “ritrovato” tecnologico. Unendo i due titoli, risulta quel “Deus ex machina” che indica una persona o un evento che interviene all’improvviso (alle volte in modo forzato) per risolvere una situazione apparentemente senza via d’uscita. Tradotto in modo letterale significa “divinità che scende dalla macchina” e quindi cade a pennello come possibile immagine di sintesi per entrambe le opere: potrebbe essere una macchina a risolvere il quesito se il libero arbitrio sia, in realtà, solo una sensazione emergente di un essere in un sistema complesso ma in fondo deterministico.



La mini serie l’ho guardata molto volentieri, se siete appassionati alle problematiche esistenziali connesse alla funzione d’onda di Schrödinger e alle possibili interpretazioni della meccanica quantistica, ci troverete delle citazioni (interpretazione di Copenaghen, di Von Neuman-Wigner e soprattuto quella di De Broglie-Bohm e quella a molti mondi di Everett), segno che qualche libro di divulgazione sul tema se lo è letto anche Garland. Se queste cose non le conoscete però gradite fantascienza e thriller allora può bastare perchè piaccia anche a voi.
Una critica che voglio fare è che la si potrebbe definire una mini serie “a parentesi” nel senso che la parte centrale è un po’ debole e per il racconto poteva bastare anche solo l’apertura e la chiusura, quindi se ne sarebbe potuto fare un film, ma dato che il formato serie ormai è molto richiesto… E allora si poteva sviluppare meglio quella parte centrale, con più contenuto sostanziale, dando un po’ di storia anche ai personaggi secondari e soprattutto ampliando il discorso teorico (spunti ce n’erano) facendone quindi una serie più lunga. Con il rischio di diventare poi troppo pesante per certo pubblico? Beh, forse si poteva osare.