Ho iniziato a vedere 1917 attendendomi di seguire la storia di due giovani soldati britannici inviati in una missione, in teoria impossibile, per avvisare e fermare i compagni schierati pronti per un attacco che si rivelerebbe una trappola e in una conseguente carneficina, ma dopo una decina di minuti stavo vedendo la storia di una macchina da presa (mdp) in territorio di guerra.
C'è un momento che fa da spartiacque (non solo metaforico) nel capovolgimento del soggetto protagonista, è quando i due soldati incontrano un laghetto, loro devono costeggiarlo, la mdp invece può andare via dritto, attraversarlo, "camminare sulle acque", per lei non ci sono limiti.
Da lì in poi per la storia raccontata l'interesse cala, anche se devono ancora avvenire gli eventi più significativi, quello che si vuole vedere è il percorso che seguirà quel lungo piano sequenza. Bisogna dire che l'effetto è notevole, però lo scemare del coinvolgimento per le sorti dei personaggi e invece il protagonismo della mdp è secondo me un problema.
Se inizialmente, in trincea, sembra di essere lì per vivere da vicino gli eventi, dal laghetto in poi mi sembra di essere lì per vedere quanto è brava quella mdp ad attraversare senza vacillare uno scenario complicato come può essere quello movimentato di una zona di guerra.
Si arriva alla fine del film che l'eroicità della storia è schiacciata in secondo piano dalla mdp, anch'essa senza eroicità (incapace di prendere una qualche posizione), usata per mostrare abilità, ma senza dare un "punto di vista", senza fornire qualcosa al racconto, bensì mettendosi sotto il riflettore solo per la prodezza tecnica.
Il piano sequenza è una tecnica che mi piace molto, vari sono i registi che l'hanno adottata per una parte di film e qualcun altro, già prima di 1917, per tutta la durata del film, fra questi cito Victoria uno dei miei film preferiti 2015 là sì che acquisiva un senso e dava qualcosa in più alla storia.
In questo 1917 di Sam Mendes il celebre slogan "la potenza è nulla senza controllo" appare inadatto, qui ci sono entrambi, la potenza produttiva e il controllo della tecnica di regia, eppure manca lo stesso qualcosa. In questo caso bisognerebbe riformulare il motto in: potenza e controllo non bastano per fare un gran film se non li usi per un senso, un'emozione, una riflessione. Gradito