Lungimiranti scienziati, preoccupati da qualcosa che non ci è dato sapere, hanno avuto l'idea di creare una città sotterranea isolata e ignara del mondo esterno con lo scopo di preservare l'esistenza.
La città è autosufficiente per duecento anni, con un generatore che provvede a fornire l'energia necessaria e tramandata di sindaco in sindaco, in una cassetta di metallo, c'è un timer e la chiave con le istruzioni per uscire a tempo scaduto.
Due secoli sono belli che passati la cassetta è andata perduta, le scorte scarseggiano e il generatore è usurato. Nonostante la dottrina insegni che non esiste altro al di fuori di Ember, due ragazzini decidono di cercare una via d'uscita.
Il film è tratto da un romanzo di Jeanne DuPrau e la sua trasposizione nello schermo evidenzia un grosso problema: la sceneggiatura. L'adattamento risulta troppo ridotto, tolto il buon riassunto iniziale, si nota per tutta la durata del film personaggi abbozzati, eventi accennati, evoluzioni affrettate o improvvise. A ciò si aggiungono cose e situazioni che appaiono poco convincenti, come cibi in scatola non scaduti dopo duecentocinquanta anni, e tutta la routine finale azionata da una gigantesca manopola mai notata prima pur essendo sotto gli occhi di tutti (!?), armadietti che diventano scialuppe di salvataggio e un'uscita in stile Gardaland.
Lo schema della storia può ricordare The Village, ma qui la riflessione socio-politica è ridotta all'osso. I due ragazzi si trovano con una città che cade a pezzi e con politici preoccupati solo di sé stessi, sfidano quindi le proibizioni per aprirsi al mondo e al futuro.
La nota positiva è sul lato visivo, a tratti darkeggiante, ben riuscito. Peccato, probabilmente con maggior minutaggio e qualche scelta migliore si poteva ottenere molto di più.
La città è autosufficiente per duecento anni, con un generatore che provvede a fornire l'energia necessaria e tramandata di sindaco in sindaco, in una cassetta di metallo, c'è un timer e la chiave con le istruzioni per uscire a tempo scaduto.
Due secoli sono belli che passati la cassetta è andata perduta, le scorte scarseggiano e il generatore è usurato. Nonostante la dottrina insegni che non esiste altro al di fuori di Ember, due ragazzini decidono di cercare una via d'uscita.
Il film è tratto da un romanzo di Jeanne DuPrau e la sua trasposizione nello schermo evidenzia un grosso problema: la sceneggiatura. L'adattamento risulta troppo ridotto, tolto il buon riassunto iniziale, si nota per tutta la durata del film personaggi abbozzati, eventi accennati, evoluzioni affrettate o improvvise. A ciò si aggiungono cose e situazioni che appaiono poco convincenti, come cibi in scatola non scaduti dopo duecentocinquanta anni, e tutta la routine finale azionata da una gigantesca manopola mai notata prima pur essendo sotto gli occhi di tutti (!?), armadietti che diventano scialuppe di salvataggio e un'uscita in stile Gardaland.
Lo schema della storia può ricordare The Village, ma qui la riflessione socio-politica è ridotta all'osso. I due ragazzi si trovano con una città che cade a pezzi e con politici preoccupati solo di sé stessi, sfidano quindi le proibizioni per aprirsi al mondo e al futuro.
La nota positiva è sul lato visivo, a tratti darkeggiante, ben riuscito. Peccato, probabilmente con maggior minutaggio e qualche scelta migliore si poteva ottenere molto di più.
Sgradito
| Reg: 6 | Rec: 6 | Fot: 7 | Sce: 4 | Son: 7 |
| Reg: 6 | Rec: 6 | Fot: 7 | Sce: 4 | Son: 7 |