Un giorno e mezzo trascorso a Los Angeles, contenitore di una società caduta in circolo vizioso.
Etnie diverse condividono lo spazio senza vivere un vero contatto, un contatto che è un bisogno innato ma che vien oggi represso dalla diffidenza e contemporaneamente condizionato dalla necessità, dall'istinto di sopravvivenza.
Il risultato è che l'incontrarsi sembra sfociare unicamente nello scontro, in un “crash”, e forse sono proprio questi incidenti di percorso a dare una svolta alla vita, a donarle un qualche momentaneo significato.
In questi contatti sfuggevoli, magari semplici incroci di pochi secondi, come non farsi condizionare dalla prima impressione?
In questa condizione gli stereotipi diventano doppiamente ingannevoli: se li ascolti ti senti razzista, se non li consideri rischi delle noie forse fin troppe pericolose.
Le identità sono in crisi, o meglio, in cortocircuito, da una parte mancano nuovi modelli di riconoscimento e dall'altra diventano pesanti residui, come catene che impediscono di sfuggire ai pregiudizi che si portano dietro.
Alla fine il risultato è che si vive sospesi, sempre in bilico, terrorizzati dell'altro che si avvicina, incapaci di un vivere “con”, preoccupati di difendere il proprio sé.
Siamo in America ma dov'è “l'americano”?
Il film esprime una visione della quotidianità in cui non si vede la celebre bandiera a svolazzare nel cielo azzurro, dove un'identità americana sembra non esserci e nel crogiolo di razze sembra regni disordine, tensione e una pericolosa legge del più forte (inteso come possessore di arma da fuoco o detentore di potere).
Un film corale che ricorda Magnolia, con i vari personaggi che si accavallano con un montaggio che li collega per similitudine o per trasposizione d'immagine, o di movimenti.
Il film propone un problema che per essere superato necessità di un punto di partenza in comune, pensare di poter vivere senza confrontasi e sfuggendo l'altro può dar sicurezza, ma porta anche all'acuirsi delle tensioni. La questione diventa quindi sul come confrontarsi e su quali basi comuni altrimenti ognuno parlerà ancora solo per sé.
Etnie diverse condividono lo spazio senza vivere un vero contatto, un contatto che è un bisogno innato ma che vien oggi represso dalla diffidenza e contemporaneamente condizionato dalla necessità, dall'istinto di sopravvivenza.
Il risultato è che l'incontrarsi sembra sfociare unicamente nello scontro, in un “crash”, e forse sono proprio questi incidenti di percorso a dare una svolta alla vita, a donarle un qualche momentaneo significato.
In questi contatti sfuggevoli, magari semplici incroci di pochi secondi, come non farsi condizionare dalla prima impressione?
In questa condizione gli stereotipi diventano doppiamente ingannevoli: se li ascolti ti senti razzista, se non li consideri rischi delle noie forse fin troppe pericolose.
Le identità sono in crisi, o meglio, in cortocircuito, da una parte mancano nuovi modelli di riconoscimento e dall'altra diventano pesanti residui, come catene che impediscono di sfuggire ai pregiudizi che si portano dietro.
Alla fine il risultato è che si vive sospesi, sempre in bilico, terrorizzati dell'altro che si avvicina, incapaci di un vivere “con”, preoccupati di difendere il proprio sé.
Siamo in America ma dov'è “l'americano”?
Il film esprime una visione della quotidianità in cui non si vede la celebre bandiera a svolazzare nel cielo azzurro, dove un'identità americana sembra non esserci e nel crogiolo di razze sembra regni disordine, tensione e una pericolosa legge del più forte (inteso come possessore di arma da fuoco o detentore di potere).
Un film corale che ricorda Magnolia, con i vari personaggi che si accavallano con un montaggio che li collega per similitudine o per trasposizione d'immagine, o di movimenti.
Il film propone un problema che per essere superato necessità di un punto di partenza in comune, pensare di poter vivere senza confrontasi e sfuggendo l'altro può dar sicurezza, ma porta anche all'acuirsi delle tensioni. La questione diventa quindi sul come confrontarsi e su quali basi comuni altrimenti ognuno parlerà ancora solo per sé.
Deliziato
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