Memo Cruz è un giovane amante della tecnologia, vive con la famiglia in una zona arida del Messico, tempo addietro erano proprietari di terre irrigate e coltivate mentre ora per procurarsi un po’ d’acqua devono recarsi alla diga costruita da una corporation che ha bloccato il corso del fiume e privatizzato l'acqua. Solo dopo essersi identificati ad un ingresso militarizzato possono accedere al bacino e riempire le loro bisacce, per trentacinque litri fanno ottantacinque dollari: dovrebbe essere acqua dolce ma è veramente “salata”.
Memo sogna di trasferirsi in città però il padre non vuole abbandonare la sua terra e quello per cui ha lavorato tutta la vita. Un drammatico evento, di cui è responsabile, porterà Momo a Tijuana dove farà la conoscenza della scrittrice Luz che l’aiuterà a farsi impiantare i nodi indispensabili per connettersi al mercato del lavoro. Quello che prima lo appassionava arriverà ad esaurirlo.
Il futuro immaginato da Alex Rivera non è poi così lontano da noi, l’economia globale si è spostata nella rete, le nuove fabbriche non fanno uscire alcun materiale, si prendono i lavoratori li collegano a cavi che diventano le nuove catene e assorbono la forza lavoro delocalizzando i risultati. Memo comanda un robot che costruisce un palazzo in America, in un posto dove non è mai stato. Le nuove fabbriche vengono soprannominate “sleep dealer” perché risucchiano lontano le energie degli “operai” e senza che se ne rendano conto li portano al collasso.
Questo Terzo Mondo cyber vede scomparire le distanze virtualmente mentre alti muri dividono ancora le frontiere, si libera la circolazione alla sfruttamento della manodopera, ma non quella dei corpi. Intanto alla televisione indottrinano il popolo su chi sono i buoni e chi i cattivi sfruttando il format del reality come telegiornale. Diventa difficile capire come stanno le cose veramente da spettatori, solo quando si diventa attori protagonisti capaci di mettere in discussione l'ordine stabilito si accende la speranza perché qualcosa possa cambiare e qualcuno faccia qualche passo per redimersi.
Un film ricco di idee che straripa non sostenuto da un adeguato budget, con effetti grafici di basso livello e con uno stile ricercato ma grossolano, producendo un composto spatolato più che pennellato.
Memo sogna di trasferirsi in città però il padre non vuole abbandonare la sua terra e quello per cui ha lavorato tutta la vita. Un drammatico evento, di cui è responsabile, porterà Momo a Tijuana dove farà la conoscenza della scrittrice Luz che l’aiuterà a farsi impiantare i nodi indispensabili per connettersi al mercato del lavoro. Quello che prima lo appassionava arriverà ad esaurirlo.
Il futuro immaginato da Alex Rivera non è poi così lontano da noi, l’economia globale si è spostata nella rete, le nuove fabbriche non fanno uscire alcun materiale, si prendono i lavoratori li collegano a cavi che diventano le nuove catene e assorbono la forza lavoro delocalizzando i risultati. Memo comanda un robot che costruisce un palazzo in America, in un posto dove non è mai stato. Le nuove fabbriche vengono soprannominate “sleep dealer” perché risucchiano lontano le energie degli “operai” e senza che se ne rendano conto li portano al collasso.
Questo Terzo Mondo cyber vede scomparire le distanze virtualmente mentre alti muri dividono ancora le frontiere, si libera la circolazione alla sfruttamento della manodopera, ma non quella dei corpi. Intanto alla televisione indottrinano il popolo su chi sono i buoni e chi i cattivi sfruttando il format del reality come telegiornale. Diventa difficile capire come stanno le cose veramente da spettatori, solo quando si diventa attori protagonisti capaci di mettere in discussione l'ordine stabilito si accende la speranza perché qualcosa possa cambiare e qualcuno faccia qualche passo per redimersi.
Un film ricco di idee che straripa non sostenuto da un adeguato budget, con effetti grafici di basso livello e con uno stile ricercato ma grossolano, producendo un composto spatolato più che pennellato.
Gradito
| Reg: 5 | Rec: 4 | Fot: 5 | Sce: 7 | Son: 5 |