Tre stadi temporali per riflettere sul rapporto fra vita e morte. Presente, passato e futuro per l’uomo T, uomo trino in Tommy lo scienziato, Thomas il conquistador e Tom l'astronauta zen. Tre declinazioni di un Tommaso alla ricerca della vita per amore, con l'unica certezza della morte.
Nel passato si cerca l’Albero della vita eterna che però nasconde in sé non tanto il prolungamento della vita individuale, ma quella della “specie”, quindi ha il potere di perpetrare il comune ciclo della vita, non della singola esistenza.
Nel presente l’illusione non è più mitologica e si tramuta in una corsa scientifica nella ricerca di battere con la conoscenza la malattia che porta alla morte.
Nel futuro, in uno stato mistico, sembra che si sia in parte abbandonata la sfida e ci si limiti a cercare di comprendere vita e morte come un tutt’uno.
Avevo sentito parlare solo male di quest'opera di Aronofsky, sicuramente è la meno riuscita della sua filmografia, ma ha il suo valore artistico e riflessivo. È un film pretenzioso e cedevole, proprio per questo ben riassume l'inettitudine dell'uomo nel tentativo di ragionare e rappresentare il senso ultimo della fine della vita. Perché è questo quello che tratta il film cercando di abbattere i tempi contorcendoli in un unico agglomerato fanta-narrativo per riportare le tematiche esistenziali di vita, amore e morte dalla loro contingenza individuale-storica ad un grande discorso universale.
Un discorso che non può evitare di confrontarsi con il tempo finito e confondersi con quello infinito, entrambi elementi dell'esistere, al quale si aggiunge ovviamente la cultura (biblica, maya, scientifica, new age) che cerca di rendere trattabili argomenti che non si riesce a confinare.
Si crea così una condizione troppo carica che comporta, per forza, un'aspettativa maggiore di quanto si possa effettivamente offrire, considerato che un "viaggio" di questo tipo può solo essere un'odissea: l'uomo che si cimenta nel percorrere sentieri così indefiniti è destinato al fallimento. O alla morte, che qualcuno può vedere come l'ultimo stadio della vita verso l'assoluto.
Nel passato si cerca l’Albero della vita eterna che però nasconde in sé non tanto il prolungamento della vita individuale, ma quella della “specie”, quindi ha il potere di perpetrare il comune ciclo della vita, non della singola esistenza.
Nel presente l’illusione non è più mitologica e si tramuta in una corsa scientifica nella ricerca di battere con la conoscenza la malattia che porta alla morte.
Nel futuro, in uno stato mistico, sembra che si sia in parte abbandonata la sfida e ci si limiti a cercare di comprendere vita e morte come un tutt’uno.
Avevo sentito parlare solo male di quest'opera di Aronofsky, sicuramente è la meno riuscita della sua filmografia, ma ha il suo valore artistico e riflessivo. È un film pretenzioso e cedevole, proprio per questo ben riassume l'inettitudine dell'uomo nel tentativo di ragionare e rappresentare il senso ultimo della fine della vita. Perché è questo quello che tratta il film cercando di abbattere i tempi contorcendoli in un unico agglomerato fanta-narrativo per riportare le tematiche esistenziali di vita, amore e morte dalla loro contingenza individuale-storica ad un grande discorso universale.
Un discorso che non può evitare di confrontarsi con il tempo finito e confondersi con quello infinito, entrambi elementi dell'esistere, al quale si aggiunge ovviamente la cultura (biblica, maya, scientifica, new age) che cerca di rendere trattabili argomenti che non si riesce a confinare.
Si crea così una condizione troppo carica che comporta, per forza, un'aspettativa maggiore di quanto si possa effettivamente offrire, considerato che un "viaggio" di questo tipo può solo essere un'odissea: l'uomo che si cimenta nel percorrere sentieri così indefiniti è destinato al fallimento. O alla morte, che qualcuno può vedere come l'ultimo stadio della vita verso l'assoluto.
Gradito
| Reg: 7 | Rec: 7 | Fot: 7 | Sce: 6 | Son: 7 |
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