Lo Zio Boonmee ha problemi ai reni e sente che la sua morte è vicina. Trascorre gli ultimi giorni in campagna, circondato dai suoi cari, anche da quelli che non sarebbero più vivi. Nel frattempo ricorda frammenti di vite precedenti.
È duretta guardare lo Zio Boonmee, un po' per il mischiarsi come fosse normalità di vivi e morti, un po' perché la storia salta improvvisamente in altri tempi intervallando fiaba e realtà, ma soprattutto e difficile rimanere svegli, perché fa dei suoni della natura un'armonia fin troppo rilassante che porta un corpo stanco ad addormentarsi, magari sognando di reincarnarsi in qualche animale o cenare coi cari defunti, proprio come accade a Boonmee.
Se si rimane desti si può intuire che lui forse è la reincarnazione di un bisonte o quella di un pesce-gatto parlante che aveva incontrato una principessa in un laghetto sotto una cascata; suo figlio invece si presenta con le sembianze di uno scimmione dagli occhi rossi.
L'ultimo tratto della vita di Boonmee mischia spazio e tempo, reale e irreale, e fa della fisicità della natura un teatro mistico e spirituale dove più che "tutto è un ciclo" sembra che tutto il ciclo sia contenibile in un frammento. È un fase finale serena che addensa in sé un eccesso di vita, anche quella che non c'è più e addirittura quella fantastica.
D'altra parte «il paradiso è sopravvalutato, non c'è niente là», come confida il fantasma della moglie dello Zio, meglio rimanere degli spettri o reincarnarsi in nuove forme di vita.
Il viaggio finisce, una vita ha trasmigrato, inizia/continua una storia che ci rinnova delle domande rincarando la dose: qual è la vita? Quali sono le vite? E la vita nella natura è la stessa della vita in città?
È duretta guardare lo Zio Boonmee, un po' per il mischiarsi come fosse normalità di vivi e morti, un po' perché la storia salta improvvisamente in altri tempi intervallando fiaba e realtà, ma soprattutto e difficile rimanere svegli, perché fa dei suoni della natura un'armonia fin troppo rilassante che porta un corpo stanco ad addormentarsi, magari sognando di reincarnarsi in qualche animale o cenare coi cari defunti, proprio come accade a Boonmee.
Se si rimane desti si può intuire che lui forse è la reincarnazione di un bisonte o quella di un pesce-gatto parlante che aveva incontrato una principessa in un laghetto sotto una cascata; suo figlio invece si presenta con le sembianze di uno scimmione dagli occhi rossi.
L'ultimo tratto della vita di Boonmee mischia spazio e tempo, reale e irreale, e fa della fisicità della natura un teatro mistico e spirituale dove più che "tutto è un ciclo" sembra che tutto il ciclo sia contenibile in un frammento. È un fase finale serena che addensa in sé un eccesso di vita, anche quella che non c'è più e addirittura quella fantastica.
D'altra parte «il paradiso è sopravvalutato, non c'è niente là», come confida il fantasma della moglie dello Zio, meglio rimanere degli spettri o reincarnarsi in nuove forme di vita.
Il viaggio finisce, una vita ha trasmigrato, inizia/continua una storia che ci rinnova delle domande rincarando la dose: qual è la vita? Quali sono le vite? E la vita nella natura è la stessa della vita in città?
Gradito
| Reg: 7 | Rec: 6 | Fot: 7 | Sce: 6 | Son: 7 |
| Reg: 7 | Rec: 6 | Fot: 7 | Sce: 6 | Son: 7 |