Bill Maher ci accompagna in un viaggio con tappe negli Stati Uniti, al Vaticano, ad Amsterdam e a Gerusalemme per promuovere l'arte del dubbio che ritene essere il suo vangelo e che vuole contrapporre a quello della cieca fede.
Il ghigno che Bill ci offre fin dall'inizio denota che l'andazzo è quello di un comico non di uno documentarista e lo sguardo del film è un puzzle di interviste con il quale la nostra “guida” può dileggiare i suoi credenti interlocutori e far leva sulle contraddizioni e le assurdità che le religioni offrono.
Spesso il risultato è divertente, ma la questione è che lo schema e il percorso adottato è un totale fallimento considerata la tesi iniziale.
Maher dialoga con camionisti che si ritrovano in una cappella lungo la strada, con il capo della chiesa della cannabis, con quello di una chiesa che "risana" i gay e non si lascia scappare un furbo predicatore ben vestito che sfrutta i suoi fedeli creduloni convinti che sia la reincarnazione di Gesù Cristo; insomma la selezione di Maher non bada molto alla qualità e allo spessore.
Anche quando compare l'unico credente che potrebbe offrire contenuti, un frate davanti al Vaticano, sfrutta la sua criticità verso la sfarzosa istituzione cattolica per dare man forte alle proprie ironie e non coglie l'occasione per domandargli come mai sia un credente nonostante quella polemica.
Nel finale si corona il tracollo dell'intenzione perché l'invettiva contro le religioni ancora una volta non predica, né diffonde, il dubbio, bensì spara i classici anatemi della condanna tout court ignorando gli aspetti benefici, sociali e individuali, che le religioni hanno prodotto. In questo modo appare con i "paraocchi" e non si colloca poi molto lontano da chi è accecato dalla fede.
Il film pertanto fallisce nell'intento logico ed è sbilanciato sul tono ironico: provoca senza centrare, tocca alcuni punti ma non approfondisce e seleziona il tipico materiale comodo per partorire delle caustiche battute e favorire le proprie posizioni sfruttando semplificazioni e trucchetti dialettici.
Forse senza la premessa delle intenzioni si sarebbe potuto guardare solo come una commedia dal taglio d'inchiesta e quindi aspettarsi gag e freddure accantonando l'attesa di una qualche analisi culturale, sociale, politica, psicologica che il (problematico) tema delle religioni investe.
Io un po' mi sono divertito, prendendo il film come “satirico”.
Il ghigno che Bill ci offre fin dall'inizio denota che l'andazzo è quello di un comico non di uno documentarista e lo sguardo del film è un puzzle di interviste con il quale la nostra “guida” può dileggiare i suoi credenti interlocutori e far leva sulle contraddizioni e le assurdità che le religioni offrono.
Spesso il risultato è divertente, ma la questione è che lo schema e il percorso adottato è un totale fallimento considerata la tesi iniziale.
Maher dialoga con camionisti che si ritrovano in una cappella lungo la strada, con il capo della chiesa della cannabis, con quello di una chiesa che "risana" i gay e non si lascia scappare un furbo predicatore ben vestito che sfrutta i suoi fedeli creduloni convinti che sia la reincarnazione di Gesù Cristo; insomma la selezione di Maher non bada molto alla qualità e allo spessore.
Anche quando compare l'unico credente che potrebbe offrire contenuti, un frate davanti al Vaticano, sfrutta la sua criticità verso la sfarzosa istituzione cattolica per dare man forte alle proprie ironie e non coglie l'occasione per domandargli come mai sia un credente nonostante quella polemica.
Nel finale si corona il tracollo dell'intenzione perché l'invettiva contro le religioni ancora una volta non predica, né diffonde, il dubbio, bensì spara i classici anatemi della condanna tout court ignorando gli aspetti benefici, sociali e individuali, che le religioni hanno prodotto. In questo modo appare con i "paraocchi" e non si colloca poi molto lontano da chi è accecato dalla fede.
Il film pertanto fallisce nell'intento logico ed è sbilanciato sul tono ironico: provoca senza centrare, tocca alcuni punti ma non approfondisce e seleziona il tipico materiale comodo per partorire delle caustiche battute e favorire le proprie posizioni sfruttando semplificazioni e trucchetti dialettici.
Forse senza la premessa delle intenzioni si sarebbe potuto guardare solo come una commedia dal taglio d'inchiesta e quindi aspettarsi gag e freddure accantonando l'attesa di una qualche analisi culturale, sociale, politica, psicologica che il (problematico) tema delle religioni investe.
Io un po' mi sono divertito, prendendo il film come “satirico”.
Gradito
| Reg: 7 | Rec: - | Fot: 6 | Sce: 4 | Son: 6 |
| Reg: 7 | Rec: - | Fot: 6 | Sce: 4 | Son: 6 |