Questa è la favola di un topolino intraprendente dotato di un ottimo olfatto che sogna di diventare un grande cuoco e con qualche difficoltà riuscirà, ovviamente, nel suo intento.
Grazie alla computer grafica della Pixar ogni inquadratura ed evoluzione è ormai possibile. Nel seguire le peripezie del piccolo roditore dentro la cucina, sembra di essere seduti su un ottovolante; gli scorci di Parigi, poi, sono delineati così bene d'essere veri e propri frammenti-di-Parigi che riescono a trasmettere la sua tipica atmosfera, perfetta collocazione alle vicende del film.
La storia che premia l'intrepido ratto è, di fatto, un percorso di realizzazione individuale che sembra possibile solo seguendo due presupposti: infrangere le gabbie identitarie per poter comunicare fra “razze” diverse e mettere da parte il legame di appartenenza familiare, per poter liberare il proprio Io.
La sceneggiatura prende bene i tempi necessari per elaborare queste concezioni e dà spazio anche alla critica di un certa “critica” troppo analitica, incapace di gustare le cose perché lontana dallo spirito, pronto a stupirsi, tipico del bambino. Ma la storia soffre di un punto debole un po' fastidioso: perché il cattivone non distrugge la lettera così da poter mantenere la sua posizione? Facciamo finta di esser bambini e godiamoci il topo chef...
Grazie alla computer grafica della Pixar ogni inquadratura ed evoluzione è ormai possibile. Nel seguire le peripezie del piccolo roditore dentro la cucina, sembra di essere seduti su un ottovolante; gli scorci di Parigi, poi, sono delineati così bene d'essere veri e propri frammenti-di-Parigi che riescono a trasmettere la sua tipica atmosfera, perfetta collocazione alle vicende del film.
La storia che premia l'intrepido ratto è, di fatto, un percorso di realizzazione individuale che sembra possibile solo seguendo due presupposti: infrangere le gabbie identitarie per poter comunicare fra “razze” diverse e mettere da parte il legame di appartenenza familiare, per poter liberare il proprio Io.
La sceneggiatura prende bene i tempi necessari per elaborare queste concezioni e dà spazio anche alla critica di un certa “critica” troppo analitica, incapace di gustare le cose perché lontana dallo spirito, pronto a stupirsi, tipico del bambino. Ma la storia soffre di un punto debole un po' fastidioso: perché il cattivone non distrugge la lettera così da poter mantenere la sua posizione? Facciamo finta di esser bambini e godiamoci il topo chef...
Deliziato
| Reg: 8 | Ani: 9 | Fot: 8 | Sce: 7 | Son: 8 |
| Reg: 8 | Ani: 9 | Fot: 8 | Sce: 7 | Son: 8 |