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venerdì 11 settembre 2009

Le cronache dei morti viventi - Diary of the Dead

Cronache dei morti viventiUn gruppetto di giovani sta girando un film horror, alla regia c'è Jason Creed e il suo dovrebbe essere un progetto universitario, un documentario, ma ha scelto di usare “la mummia” come mezzo per fare della satira sociale. Le loro riprese vengono interrotte da un messaggio alla radio che allerta su violenti e improvvisi scontri che stanno scoppiando in tutto il paese. Il gruppo sale su un Winnebago e tenta di raggiungere i propri cari.
Inizia così il “documentario” con la cronaca dei giorni in cui i morti viventi tornarono (ancora una volta) in vita, a montarlo è stata Debra, la ragazza di Jason, che ha partecipato personalmente agli eventi e fa da voce fuori campo alle macabre vicende.
Se ci si aspetta solo un film horror si rimane con in bocca niente di particolarmente gustoso, se invece lo si guarda come una summa, un saggio per mezzo di un finto documentario, si può ascoltare e apprezzare l'analisi di Romero sull'effetto dei nuovi media sul cinema.
La sua “pellicola” è il collage di filmati provenienti da più fonti come videocamere amatoriali, reperti di videosorveglianza, filmatini di cellulare, video ripresi da una webcam, o trasmessi su you tube. Ovviamente non vale la pena soffermarsi sul fatto che la composizione non sia credibile, considerata la qualità decisamente da film, quello che invece può offrire è un punto della situazione sul cos'è e come viene percepita oggi l'impressione delle immagini su un qualche supporto, non più solo cellulosa, sempre più sul digitale.
Rimane confermato il potere intrinseco nell'arma che riprende e che può essere positivo, per informare, ma contemporaneamente devastante. L'informazione tradizionale sembra morta, ora ci sono i blogger, ma più voci che parlano generano più confusione, quindi aumenta la difficoltà di trovare la verità: tutto diventa solo rumore (“era sui notiziari, era sul web, ma nessuno sapeva davvero cosa stava succedendo”) e il flusso non filtrato/abile di informazioni crea disorientamento e panico.
Come mai questo aumento di informazioni? Perché, una volta che il mezzo è disponibile, sale il desiderio di condividere la propria verità, consapevoli che ciò che vede la telecamera sarà quello che vedrà il pubblico e consci che “se non riprendi è come se non fosse successo”.
In questa dinamica apparentemente liberatoria c'è un effetto perverso, il vetro che divide dall'immagine diventa un filtro che in qualche modo immunizza dal ripreso, e diventa addirittura più importante riprendere la sofferenza che tentare di alleviarla.
Romero cambia nuovamente il ruolo politico rappresentato dai suoi morti viventi, questa volta veicolo dell’infezione sono i clandestini che, intrufolati nel territorio americano, costringono alla reclusione nella propria casa, ma prima o poi entreranno anche lì. Allora tanto vale sedersi e giocare con la PlayStation isolandosi dal mondo prima che il mondo ci divori; oppure riprendere e “immortalare” quello che accade.
Analisi nichilista quella del regista che alla conclusiva domanda se meritiamo d'essere salvati, rilancia la risposta allo spettatore.
Qualcuno può contestare che in quest'opera didattica si trasmette molto più dal parlato che dalle immagini, ed è vero, e aggiungere che esteticamente sembra un po' allontanarsi del terreno "indipendente", e anche questo è vero, ma a me queste cronache hanno appassionato e interessato perché risultano un bignami on the road di alcune tipiche riflessioni sulla comunicazione moderna.
“Sia benedetta la tecnologia! La tecnologia è favolosa; finché non smette di funzionare”.
Estasiato
| Reg: 8 | Rec: 6 | Fot: 8 | Sce: 8 | Son: 8 |

Qualcosa in comune con: