Ad attirarmi su questo film era stato il titolo per la sua assonanza al celebre album dei Clash (London Calling) e in effetti la musica è l’elemento centrale nel film, ma è di un altro genere rispetto a quella di Joe Strummer e compagni: Berlino chiama un sound elettronico.
Martin è DJ Ikarus, un giovane promettente che ha appena terminato un tour internazionale e si trova ora alle prese con la preparazione del secondo album. Per cercare un po’ di relax ed ispirazione si lascia cullare dalle droghe sintetiche; una notte esagera con qualcosa tagliato male e viene ricoverato con problemi schizofrenici. Tutto crolla.
È una variazione sul tema, si è già visto di simile in Trainspotting e Requiem for a Dream, in questo caso la realizzazione non si sbilancia in ricerche artistiche e trova un semplice equilibrio fra lo stile documentaristico e la linearità della narrazione della parabola dell’artista salvato dalla sua arte.
Così il film punta tutto sull'avvolgente colonna sonora come fa il suo protagonista, interpretato da Paul Kalkbrenner vero DJ nella vita ed autore di tutte le musiche del film (Sky and Sand è stato utilizzata anche dalla Rai nelle pubblicità degli Europei 2012).
La Berlino del titolo quasi non si vede, in fondo serve solo come elemento rappresentativo per definire collocando l'individuo metropolitano moderno: una figura sola circondata da pubblico. Non è la Berlino inizio anni ottanta di Christiane F. e i ragazzi dello zoo.
Martin non ha veri amici, pure la sua ragazza-manager in realtà è lesbica ed interessata più alla sua produzione che a lui; la famiglia è distante nonostante i buoni rapporti: il fratello ha scelto un'altra vita e il padre è un predicatore. Anche gli addetti al “recupero” in fondo lo vorrebbero solo dipendente in un modo istituzionalizzato... Insomma negli altri non si trovano appigli.
Quando si sprofonda nel nulla che ci circonda l’unica strada per salvarsi è riuscire ad aggrapparsi ad una grande passione. Questa è la parabola. Deliziato