«Il campo della cinepresa è solo una piccola finestra sul mondo, l’amore è solo una piccola finestra sulla vita. Bisogna pensarci due volte prima di iniziare a riprendere».
È una frase del regista giapponese Yasujiro Ozu, Enrico Ghezzi l'ha letta l'altro giorno nel suo intervento finale della puntata di Blob. Oltre ad essermi rimasta impressa mi ha ricordato che di Ozu non ho visto nulla nonostante avessi registrato, proprio da una notturna del Fuori Orario di Ghezzi, quattro suoi film.
Ho aperto il mio scatolone di VHS e dopo averne spostate un paio è comparsa una EMETEC e con uno sbuffo di polvere ha scoperchiato una malinconia da tempo che passa, inesorabile, sfuggevole nell'istante e pesante nell'accumulo.
Ho aperto il mio scatolone di VHS e dopo averne spostate un paio è comparsa una EMETEC e con uno sbuffo di polvere ha scoperchiato una malinconia da tempo che passa, inesorabile, sfuggevole nell'istante e pesante nell'accumulo.
I "tempi delle videocassette" fanno parte del periodo del mio innamoramento verso il Cinema, coronato da una spasmodica ricerca di recuperare, vedere, conoscere quanto più potevo. Il Cinema mi si presentava come un magico binocolo per scrutare il mondo, non solo quello intorno a me, mi proiettava oltre frontiere geografiche e culturali. In un paio d'ore potevo viaggiare, abbandonare il mio contesto e arricchire la mia realtà con altre vite, nuovi pensieri, inaspettati modi di vedere le cose, seguire ritmi dilatati o frenetici, potevo divertirmi con personaggi fantastici o tormentarmi per quelli troppo umani.
C'era poi un'altra cosa che mi affascinava: dietro alle immagini raccolte dalla macchina da presa c'era una persona che dava un "significato" alla sua creazione, c'era un atto espressivo, e il tentativo di riconoscerlo e comprenderlo provocava in me un'attrazione intellettuale. Il sapere che quel domandarsi e riflettere doveva portare ad un qualche concezione definibile mi dava il piacere che fosse possibile raggiungere "un senso"; la sommatoria di quei sensi mi permetteva di affinare la capacità di capire e cogliere maggior essenza in ogni altra cosa.
Poi il tempo passa, l'euforia svanisce, dall'innamoramento si passa all'amore per il Cinema, un sentimento ridimensionato, perché in fondo - il Cinema - è solo una piccola finestra dalla quale alle volte ti stanchi pure di guardare il paesaggio.
C'era poi un'altra cosa che mi affascinava: dietro alle immagini raccolte dalla macchina da presa c'era una persona che dava un "significato" alla sua creazione, c'era un atto espressivo, e il tentativo di riconoscerlo e comprenderlo provocava in me un'attrazione intellettuale. Il sapere che quel domandarsi e riflettere doveva portare ad un qualche concezione definibile mi dava il piacere che fosse possibile raggiungere "un senso"; la sommatoria di quei sensi mi permetteva di affinare la capacità di capire e cogliere maggior essenza in ogni altra cosa.
Poi il tempo passa, l'euforia svanisce, dall'innamoramento si passa all'amore per il Cinema, un sentimento ridimensionato, perché in fondo - il Cinema - è solo una piccola finestra dalla quale alle volte ti stanchi pure di guardare il paesaggio.