Il viaggio alla ricerca di sé di un ragazzo appena diplomato, direzione, con biglietto di sola andata, Alaska. Dal romanzo di Jon Krakauer un viaggio di formazione che ha il pregio di essere un film su cui si può parlare molto, anche a sproposito.
Sentivo il “mondo alternative” commentare con un “oooh che bello” questo film, ma per me è appena sufficiente. Tecnicamente non è male, anche se troppo lungo, anche se paesaggi bellissimi sembrano qualche volta svuotati e anche se rimango perplesso per la scena della super-mela, in cui il protagonista spezza la rappresentazione guardando direttamente in camera.
Per quanto riguarda alcuni contenuti si cade sul banale e altre volte sul piaccione tanto che a tratti mi veniva da distogliere lo sguardo.
Il giovane Christopher dopo ottimi risultati scolastici decide di scappare da una società consumista fatta di “cose, cose e cose” che non appagano il suo essere. Abbandona tutto e tutti, sostituisce la vecchia “veste” regalandosi un nuovo nome, Alexander Supertramp, e si incammina verso una meta di solitudine in un ritorno alle origini e al selvaggio che vorrebbe essere una ricerca della Verità.
Fin qui niente di male, ma dispiace che dopo aver studiato e letto pure vari libri debba avere bisogno di una “scampagnata” del genere per capire quello che tanti capiscono comodamente seduti: la felicità è tale se condivisa.
La cosa assurda è che sembra avere tutto quello che poteva desiderare, oltre a bellezza e corpo sano, nel viaggio incontra persone che provano interesse per lui e per il suo “sentire”, desiderose di condividere l'esistenza insieme: la sorella-voce-narrante lo vorrebbe vicino come fratello, un coltivatore di grano lo vorrebbe come amico, una coppia di hippie lo vorrebbe come figlio, una splendida sedicenne lo vorrebbe come ragazzo, un vecchio reduce lo vorrebbe come nipote.
Alex invece scappa anche da queste relazioni, da questa “famiglia” ritrovata, concedendosi solo come dispenser di pillole di saggezza e portando con sé uno spirito mistico individualista accecante. Non si aggrappa alle piccole verità rivelate che ha la fortuna di incontrare e si dimostra un incontentabile fino all'ultima frase appuntata come una “rivelazione” senza rimpianti, se non quello che almeno il libro con piante e bacche buone e velenose poteva leggerlo con più attenzione.
Christopher misurava sé stesso e le persone che lo circondavano secondo un rigido codice morale, approccio che condivido, anche se il rischio è un sentiero di solitudine, come viene detto nel film, ma non si può chiudere il metro quando invece la coerenza al tuo “codice morale” ti si piazza ripetutamente davanti. Possibile poi che questo Alex non abbia mai dubbi e proceda quasi come un automa verso la meta?
Sentivo il “mondo alternative” commentare con un “oooh che bello” questo film, ma per me è appena sufficiente. Tecnicamente non è male, anche se troppo lungo, anche se paesaggi bellissimi sembrano qualche volta svuotati e anche se rimango perplesso per la scena della super-mela, in cui il protagonista spezza la rappresentazione guardando direttamente in camera.
Per quanto riguarda alcuni contenuti si cade sul banale e altre volte sul piaccione tanto che a tratti mi veniva da distogliere lo sguardo.
Il giovane Christopher dopo ottimi risultati scolastici decide di scappare da una società consumista fatta di “cose, cose e cose” che non appagano il suo essere. Abbandona tutto e tutti, sostituisce la vecchia “veste” regalandosi un nuovo nome, Alexander Supertramp, e si incammina verso una meta di solitudine in un ritorno alle origini e al selvaggio che vorrebbe essere una ricerca della Verità.
Fin qui niente di male, ma dispiace che dopo aver studiato e letto pure vari libri debba avere bisogno di una “scampagnata” del genere per capire quello che tanti capiscono comodamente seduti: la felicità è tale se condivisa.
La cosa assurda è che sembra avere tutto quello che poteva desiderare, oltre a bellezza e corpo sano, nel viaggio incontra persone che provano interesse per lui e per il suo “sentire”, desiderose di condividere l'esistenza insieme: la sorella-voce-narrante lo vorrebbe vicino come fratello, un coltivatore di grano lo vorrebbe come amico, una coppia di hippie lo vorrebbe come figlio, una splendida sedicenne lo vorrebbe come ragazzo, un vecchio reduce lo vorrebbe come nipote.
Alex invece scappa anche da queste relazioni, da questa “famiglia” ritrovata, concedendosi solo come dispenser di pillole di saggezza e portando con sé uno spirito mistico individualista accecante. Non si aggrappa alle piccole verità rivelate che ha la fortuna di incontrare e si dimostra un incontentabile fino all'ultima frase appuntata come una “rivelazione” senza rimpianti, se non quello che almeno il libro con piante e bacche buone e velenose poteva leggerlo con più attenzione.
Christopher misurava sé stesso e le persone che lo circondavano secondo un rigido codice morale, approccio che condivido, anche se il rischio è un sentiero di solitudine, come viene detto nel film, ma non si può chiudere il metro quando invece la coerenza al tuo “codice morale” ti si piazza ripetutamente davanti. Possibile poi che questo Alex non abbia mai dubbi e proceda quasi come un automa verso la meta?
Gradito
| Reg: 7 | Rec: 7 | Fot: 7 | Sce: 7 | Son: 8 |
| Reg: 7 | Rec: 7 | Fot: 7 | Sce: 7 | Son: 8 |