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lunedì 22 novembre 2010

Buried - Sepolto

buried sepoltoPaul si sveglia dentro un cassa da morto, sotterrato chissà dove nel deserto iracheno, intorno a lui alcuni oggetti possono dargli la speranza di salvezza o rendere più tormentata la sua condanna. A dettare il tempo a sua disposizione le tre tacche della batteria di un BlackBerry e novanta minuti d'aria.
I novanta minuti sono troppi, quelli del film intendo, si poteva anche dimezzare per evitare di risultare a tratti noioso, specie nella prima parte che è pure irritante nell'esasperazione delle attese telefoniche accompagnate poi da domande stupide, poco plausibili. Si poteva anche tagliare la scena del serpente, che appare veramente un riempitivo. Nonostante questa discreta prova di cinema dell'essenziale si poteva, insomma, ridurre ancora.
Passato questo primo stadio di indisposizione sale la tensione e la curiosità sul destino del giovane trasportatore disperso e sepolto in territorio di guerra.
Il rapporto con l'esterno (dalla bara, dalla scena, dall'io) mediato tramite il cellulare diventa un ramificarsi nelle “istituzioni” dell'individuo che nel momento del bisogno è solo perché le relazioni formali si rivelano illusorie ed inefficaci. Le telefonate diventano un emblema rappresentativo dello status individuale e la bara l'implicita impossibile rivolta, si può solo subire la situazione, in balia di eventi e decisioni “internazionali” o su cui comunque non si dispone di controllo.
La nuova violenza toglie lo spazio d'agire individuale, si impone come uno stato di terrore che soffoca e sopprime la vita senza spargere troppo sangue. La persona subisce una società ostile lasciata in eredità da genitori che ora, nella necessità, sono assenti o hanno dimenticato i figli (il padre morto e la madre con l'alzheimer), e dove le organizzazioni sono rese insensibili dal dio del massimo profitto (licenziamento dal direttore del personale).
La "macchina" è comunque in movimento nonostante gli spazi angusti, gira su un soggetto senza destinazione mentre i granelli di sabbia, come in una clessidra, scendono inesorabili filtrando dalle spaccature di una bara-gabbia fino allo scadere, quando rimane solo un inutile «mi dispiace tanto».
Gradito
| Reg: 7 | Rec: 7 | Fot: 6 | Sce: 6 | Son: 6 |

Qualcosa in comune con: