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sabato 25 maggio 2013

Hansel e Gretel: cacciatori di streghe

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La storiella di Hansel e Gretel l’abbiamo sentita quasi tutti da bambini, il film parte proprio da lì, con un ripassino: i due fratellini vengono abbandonati nel bosco dal padre, trovano una casetta di marzapane, mangiucchiano golosi, entrano, la strega schiavizza lei e mette all’ingrasso lui. 
Un giorno Gretel riesce a spingere la strega nel forno acceso, toglie dalla gabbia Hansel e sono di nuovo liberi… Ma, e qui si apre il nostro film, i due non tornano dai genitori, si lanciano invece in una nuova professione: cacciatori di streghe.
La fiaba o meglio il suo sequel vede un'ambientazione rivisitata, c’è un fucile a pompa, una balestra spara dardi “a nastro”, compare pure un teaser e un troll. Usa un linguaggio da film d’azione («questi fottutissimi paesani», «Al mio segnale scatenate l'inferno!», «Hansel e Gretel!? O mio dio!!!») mentre atmosfera ed estetica sono quella del filone horror-patinato, un po’ steam-punk e un po’ burtoniano-disney, ma con improvvise scene splatter.
Nella fiaba originale i fratelli uccidevano la strega, si impossessavano dei suoi averi e tornavano dai genitori rendendoli benestanti. Insomma si “dimenticavano” che erano stati abbandonati e senza alcun rancore facevano festanti ritorno a casa. 
A me non piaceva granché sta “morale”, guarda caso un fiaba raccontata dai genitori… ad uso e consumo dei genitori (nel medioevo l’abbandono dei figli per miseria era diffuso e con una storiella si ripuliva la coscienza, si rendeva “rampante” la prole incitandola a salvarsi da sé e in caso di successo doveva, però, tornare a rendere grazie a mamma e papà).
La storia del film è diversa sotto questo aspetto, se vogliamo migliore per come viene “giustificato” l’abbandono, ma il nuovo taglio che viene dato, in spirito totalmente hollywoodiano, mi fa schifo uguale.
Due sono i punti: il primo è che il film è incentrato su una visione dicotomica e discriminante delle persone basata sulla bellezza. L’equazione è la classica se sei brutto sei cattivo, se sei bello sei buono («questa non è una strega, è pulita», «con una faccia del genere sarei anch'io arrabbiata»).
Il secondo punto è la forza che smuove i fratelli contro le streghe, ossia denaro, fama e vendetta. Il trittico viene normalizzato così i figli sono liberati nei confronti dei padri e spregiudicati nei confronti del mondo, il tutto con un sorriso. In pratica si restituisce pan per focaccia agli intenti "morali" originali.
In conclusione è un film che sconsiglierei a bambini e ragazzi sia visivamente che dal punto di vista educativo, ma se siete adulti e non vi infastidisce questa lettura etica, bisogna dire che si fa guardare volentieri perché ha ritmo, una struttura banale ma solida, fa sorridere per le trovate e nelle sue stupidaggini, che quasi sempre coincidono, e sono fatte con una consapevolezza sfrontata quasi ironica.
Quello che il film offre è quello che il mainstream vuole ed è un esempio di cosa vuol dire post-modernizzare una fiaba. Gradito

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