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lunedì 27 febbraio 2012

Oscar 2012

oscar 2012

L'84ª edizione della cerimonia degli Oscar si è conclusa vincendo a sua volta il premio per la scontatezza: ennesimo bagagliaio pieno di premi per The Artist. A me è dispiaciuto in particolare per il bel film di Terrance Malick, The Tree of Life, secondo me era quello da premiare come miglior film, o almeno dargli un "consolatorio" premio per la fotografia. Da segnalare i nostri Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo vincitori del premio alla scenografia per Hugo Cabret (di Martin Scorsese).

And the Oscar goes to...
  • Miglior film: The Artist di Michel Hazanavicius
  • Miglior regia: Michel Hazanavicius per The Artist
  • Miglior sceneggiatura originale: Woody Allen - Midnight In Paris
  • Miglior attore protagonista: Jean DujardinThe Artist
  • Miglior attrice protagonista: Meryl StreepIron Lady
[Per l'elenco completo vedere tutti i Premi Oscar 2012 con i vincitori fra i nominati]

domenica 26 febbraio 2012

Il cinema mutò - The Artist

the artist
Ho visto il film che sicuramente questa notte vincerà qualche importante statuetta agli Oscar, è un film tecnicamente ben fatto, ma se devo dire quanto mi è piaciuto non mi sbilancerei: l’ho gradito solo per la sua formalità.
Guardandolo mi è venuto in mente quando lessi una riflessione sul cinema che partiva dalla celebre frase di Wittgenstein “su ciò di cui non si può parlare è meglio tacere” e per contro indicava nel cinema la capacita di esprimere quello che non si può trasmettere con le parole; il cinema muto era l’evidenza di questo discorso.
Sicuramente il passaggio al sonoro fu una rivoluzione, il cinema mutò, e seguendo la riflessione accennata, perse la sua specifica genuinità: mentre prima erano le immagini che parlavano, adesso non erano più autosufficienti, si poteva dire senza dover per forza mostrare.
Io questa mutazione la vedo più come un’evoluzione: il fatto di poter comunque girare film muti, volendo, rende chiaro che non si perde niente, anzi, si può beneficiare delle maggiori possibilità offerte dal sonoro.
The Artist è esattamente la prova che non si è perso nulla, in questo caso l’assenza del parlato è una scelta stilistica ben sviluppata.
La sceneggiatura è "calcolata" - sia per l'espressione della storia, sia per la metafilmica collocazione temporale proprio alla fine del cinema muto - e impreziosisce un soggetto di per sé banale. Buona la regia e bravi gli attori, ma è quello che si esprime che non mi è piaciuto.
Il film mi ha smosso in particolare l'idea del “dramma della bellezza”.
Guardando Peppy Miller, aspirante attrice dalla bella presenza, mi è venuta in mente, per contrasto, Belen Rodriguez. 
La bellezza di Peppy (Bérénice Bejo) è emanata dal volto e dai movimenti, è un corpo delicato che calamita gli occhi. Quella della nostra soubrette trasborda dall’esposizione delle forme e dai capolini che attizzano, è una superficie che scotta. Due bellezze diverse, simbolo di epoche diverse, che hanno qualcosa in comune: nella società dello spettacolo, la bellezza comunque paga.
Pur nella sua vacuità, basta un neo per fare la differenza, la bellezza è salvifica. I brutti stiano a guardare.
Per questo vedo nel film compressa tutta la banalità di un certo cinema, il cinema di Hollywoodland, il paese delle apparenze. In fondo questa è un'esemplare storia dell'immagine, dell'esteriorità: un'amore fra belli, la scala del successo scesa e salita, il lieto fine. Un archetipo servile al capitalismo e qui il passato viene ritrattato con sapore postmoderno.
Forse questa operazione nostalgica suona un vero requiem all’anima del cinema, lo suona ora che c'è il sonoro: si può appagare il pubblico, si può realizzare opere tecnicamente migliori, ma sembra che non ci sia nulla di buono da dire. L'importante è offrire un'ulteriore sorriso agli spettatori, i non belli. Gradito

sabato 18 febbraio 2012

I troll esistono - Troll Hunter

Dicono che siano grossi orsi a uccidere sfortunate pecorelle e improvvisi uragani a sradicare gli alberi in quel modo scomposto, invece sono gli effetti delle scorribande notturne di alcuni troll che vengono dissimulate da un piccolo ente governativo per evitare la diffusione della notizia dell'esistenza degli strani esseri. 
Ebbene sì, i troll esistono, vivono in Norvegia, si muovono solo di notte, sono soliti litigare fra fazioni, quelli di montagna versus quelli di foresta, e puzzano da morire.
Questo finto documentario, nel quale un trio di studenti del college vuole documentare la caccia agli orsi ma scopre ben altro, si inserisce nel genere del "video ritrovato" reso cult da The Blair Witch Project. Purtroppo l'idea divertente sulla carta trova una realizzazione insipida, non sceglie se stare sul serio, e far sorridere per contrasto, o diventare vera e propria parodia, e far ridere esplicitamente; rimanendo nel mezzo non svolta mai.
Se volete andare sulle lande norvegesi per raccogliere altre prove dell'esistenza dei troll ricordatevi di comporre la troupe tenendo presente che queste creature seguono il motto: «Ucci ucci sento odor di cristianucci», quindi meglio essere atei. Sgradito

lunedì 6 febbraio 2012

Introduzione alle “mie” Serie TV - Con la fine un inizio. [Seconda Parte]

quasi magia johnny
[...] Dopo quella presa di coscienza ripresi con qualche sospetto a guardare le puntate dei cartoni fino a quando arrivò il "colpo di grazia".
Mi ero appassionato particolarmente alla serie È quasi magia Johnny, il protagonista era sempre indeciso fra l’esuberante e disponibile ragazza bionda o la riservata e misteriosa moretta: fra Tinetta e Sabrina (per chi ha letto il manga Orange Road, come poi ho fatto io, tra: Hikaru e Madoka). Volevo proprio sapere chi delle due avrebbe scelto alla fine. Anche in quel caso mi persi le ultime puntate!
Non ci credevo. Il dissapore per le serie si incancrenì in disprezzo e salvo qualche eccezione (I SimpsonX-Files, Friends) cercai di evitarle per tutti gli anni a seguire. Ciò nonostante in alcune circostanze arrivai addirittura a subirle. È il caso per esempio di Dawson's Creek, in casa capitava che una puntata venisse addirittura vista tre volte (fratello, sorella e madre), praticamente “seguivo” anche senza volerlo.

dark angel cofanetto
Il rigetto andò avanti fino a Dark Angel (2003), che può essere considerato il mio primo passo verso la riconciliazione con il formato Serie TV.

La serie era trasmessa in seconda serata, ma quando vidi Jessica Alba e il suo personaggio, Max Guevara, ebbi uno scatto di volontà: ero pronto per provare a seguire di nuovo un telefilm e non perdere il finale. 

Incredibilmente, ancora una volta, come una maledizione, non avrei potuto vedere le due puntate conclusive. Nel frattempo però avevo a disposizione l’arma del videoregistratore e vinsi la battaglia.


Siamo arrivati al punto cruciale, la morettina ha dato la spinta, ma è la tecnologia che mi ha permesso di sgretolare la maledizione.
Decisiva nel risolvere l'avversione è stata poi la connessione internet a banda larga e i servizi annessi: non si era più vincolati ai tempi del palinsesto ed era possibile recuperare quasi tutto al momento del bisogno. Il riappropriarsi della fine diventò l'inizio per un rapporto abbastanza piacevole con le serie.

la fine della serie
Abbastanza piacevole, perché nello “sposare” una serie rimangono comunque grossi deterrenti.
Seguire le puntate richiede parecchio tempo ed in più non si è sicuri, nemmeno adesso, di vedere la fine.
Negli ultimi anni nuove Serie TV spuntano come gli amici dopo una vincita al SuperEnalotto e nella vasta offerta è facile trovare qualcosa che incuriosisca, il problema è che se non mantengono un congruo numero di spettatori vengono interrotte, lasciando lo spettatore senza l’agognato “the end”.
E c'è poco da fare, la fine conta molto, perché è un punto nevralgico dove si cambia la direzione dello sguardo, da avanti ad indietro, e si vede sotto un'altra prospettiva (talvolta spiazzante) ore e ore di aspettative. Sprecate?

domenica 5 febbraio 2012

Introduzione alle “mie” Serie TV - Con la fine un inizio. [Prima Parte]

le serie tv
Per lungo tempo ho odiato le Serie TV e ancora oggi sono molto combattuto quando se ne presenta una che potrebbe piacermi. Era proprio un impulso repulsivo, ma non innato e posso rintracciare una genesi. 
Quando ero piccolo incontrai - come gran parte dei bambini italiani dagli anni '80 in poi - la tipologia “serie” con i cartoni animati. All’epoca avevo la sensazione di non guardare molta televisione e di passare la maggior parte del tempo a fare i compiti di scuola o giocando all’aperto fra strade, cortili e parchetti. Se provo però ad elencare i cartoni animati di cui ricordo qualcosa mi diventa chiaro che ne ho “assaggiati” in quantità e devo quindi aver passato davanti alla TV più tempo di quanto pensassi.



transformers
In quel periodo ovviamente non mi ponevo questioni, la TV l’accendevo per la colazione, per la merenda e molto raramente dopo cena, in estate invece seguivo anche alcuni telefilm, due su tutti: Supercar e MacGyver. Il rapporto con “la scatola magica” iniziava e finiva con l’on-off del telecomando.
La storia terminava entro quella pressione di tasti, l’estensione del pensiero avveniva solo sui personaggi del racconto ed era subordinato al possesso o meno dei giocattoli di quei cartoni o, nel caso del telefilm, di una bicicletta parlante e con un turbo boost nelle gambe, oppure di un coltellino svizzero che ti tirava fuori dai guai.
In pratica la "riflessione" sulle trame si realizzava sotto altre forme, esterne alla serie, nel gioco. I cartoni animati, in questo modo, socializzano alla Serie TV e forse è anche questo un motivo del successo delle stesse: diventano i cartoni animati dei “grandi”.
Eppure è proprio con i cartoni animati che è cresciuta la mia idiosincrasia per le serie.

i puffi cartoni
La questione, se si vuole trovare un definito momento originario, nacque durante una ricreazione scolastica alle elementari quando un compagno mi chiese: “Hai visto l’ultima puntata di xxx?”. 
No, non l’avevo vista e diventava un tabù parlarne con me, ero escluso dalla discussione.
Fu così che mi posi il problema: a quelle spensierate visioni c’era una fine ed era importante, aggiungeva un qualche valore che dava un significato particolare e non conoscerla diventava pure un discriminante.
Notai, con sconforto, che di tutto quello che avevo visto mi mancava la fine.

giovedì 2 febbraio 2012

Statistiche illusorie

aumentare le visite
Cari lettori vi comunico che paradossalmente da quando ho smesso di scrivere con una certa cadenza i visitatori del blog sono aumentati. Praticamente da quando ho risparmiato la blogosfera di post delle mie visioni si sono realizzate maggiori visite.
In realtà le cose non sono veramente correlate, il surplus è dovuto ad alcuni post che hanno accentrato parecchie visite di persone disinteressate a ricevere pareri sui film visti da Il Recidivo bensì in cerca di “film gratis su iPad”, e le sue varianti.
Le regole del web hanno fatto salire il contatore soprattutto per la pagina dove presentavo solo PopcornTV e meno su quelle, ben più propositive, dedicate alle migliori applicazioni iPad gratis 1° tempo e 2° tempo.
Quindi doppia beffa: il contenuto del post, a quanto pare, conta poco. Sappiamo che di per sé non è l’impegno che paga, ciò che rende, quantitativamente, è dare al pubblico quello che cerca e con il web, quindi con Google, conta praticamente solo la serp...
Non partirò con l’ennesima lamentela, questo post vuole invece anticipare il tentativo di sopperire alla ormai cronica svogliatezza nell'aggiungere (poco utili) visioni con uno speciale (altrettanto poco utile ma che almeno mi ispira un po') sulle Serie TV.

Nel mettersi a parlare di Serie TV sarebbe indicato strutturare il discorso seriamente [bel gioco di parole ;)], per esempio si potrebbe partire da qualche dato che mostri il proliferare del formato negli ultimi anni, analizzare le differenze fra quelle pre e quelle post nuovo millennio, soffermarsi sull’imporsi della narrazione orizzontale e ricercare caratteri ricorrenti fra serie.
Si potrebbe poi riflettere sul rapporto con la cultura pop, vedere come le serie si posizionino economicamente nel mondo degli audio-visivi, sezionare il pubblico sul quale fanno breccia… Tanti aspetti che meriterebbero una trattazione in qualche modo scientifica, io mi limiterò, per svariati e ovvi motivi, solo a qualche post senza pretese presentando brevemente le serie che ho visto negli ultimi anni.
Seguirà quindi un post introduttivo dedicato al mio rapporto, problematico, con “le serie” e poi - in tempi indefiniti - quelli sulle "mie" serie.